Ode to my passport who passed away today when he was officially punched to death at the Italian consulate. It didn’t make it till the end of his life. Ten years for a passport and for a person like me are really too much.
Ode to my passport who, for the past 8 years, has been my best mate on the road. He has cheerfully accompanied all my steps around the world, from the sunny days of Africa and to the stormy nights of South America.
Ode to my passport who, year after year, has become such a big part of who I am that I have stopped going around with my identity card and switched to him as a proof of my real identity. And, more than my identity, he has been actually able to show my real self to the world.
On its old pages my history of the past eight years is written. Proof and memories of days of wandering are saved on those old pages, among those old stamps from all over the world.
He got baptized in Australia, on my arrival in Brisbane on a sunny day of 2006, when I moved there to follow my heart who fell in love. Love didn’t last but my heart got stolen forever by the travel bug that took possession of my soul.
So like scars of a wounded lover, those stamps started to appear more and more often and, like a tattoo, to sign me forever.
Ode to my passport who has the proof I really made it to the end of the world. It was stormy that night and I was exhausted, having been on a bus for 15 hours on some of the worse roads of South America, or probably just on the worse bus of the planet. When the columns showing the name of this legendary avanpost of Ushuaia showed off in front of me I couldn’t believe I had made it, against all, against those who suggested me to take a plane instead and against those who bet I would have given up.
But it was when I got the stamp of the Southermost town in the world on the first page of the passport that I fully realized it was written done, I could tick off my list that one, too.
Ode to my passport who managed to cross all Africa and make it to the end with almost not space available. It got overfull around the end of the trip and had to risk visas stamped on pages that were not allowed for that. Nobody noticed it and I made it to Cape Town.
Ode to my passport who, has per tradition if you have been in Morocco, has the visa stamp of this country on it last page. And ode to my passport who actually has a visa also on the page where the info in case of emergency go.
Ode to my passport who has always managed to let me in and out of all countries I have been traveling through, despite my Middle Eastern look and despite being filled with very exotic and dangerous visas of places like Nigeria, Guinea, Ivory coast, Congo, DRC. I have been stopped and suspected at many airports worldwide but at the end, as it was my only proof of identity, they all had to believe that I am simply a traveller.
Ode to my passport because everytime they stopped me at those passports and asked me what I am doing in their country, I just have to say I am a traveler, and that is the proof.
Ode to my passport cause everytime they stopped me at those airports I had to try not to laugh when they always tried to swap it under the electronic machine. I never reveale them that old dude was too old to have a chip. It was always an QA test to see if those police people were really as smart as they wanted to look like. And I tell you something, they almost never were.
Ode to my passport because together with my backpack and my camera has really been my most faithful travel mate of my last ten years of wandering on the road. It is a symbol of joy and discovery. If there is something that embodies my true spirit better than anything than this is him.
Today I start my new adventure. A new mate is waiting for me, ready to be filled with days of adventures and wonder, happiness, kilometers of wander and freedom, possibilities. It is literally my passport to all those who I am going to meet in the future, to my new friends, to the places I will call home in the next few years, to renewed days of wonder. It is the passport to get my life on the road back, there where I belong. I have already a neverending list of visa stamps I want to put on my brand new 48 paged passport, and even if I won’t go to all the places of that list, this new empty passport is about the new possibilities I have, the dream that comes back to reality and allows me to move again.
I am sad to leave back my old passport, I will keep it forever as a jewel, as you store your most precious stones, but the new one is a renewed promise of new days to come, of discovery, adventure,friendship, laugh, of new landscapes and horizons, of roads to follow and plans to make,of movement, of hopes, of joy.
Yes, I am happy again!
Ode al mio passaporto che mi ha lasciato oggi, quando è stato ufficialmente infilzato a morte al Consolato Italiano. Non ce l´ha fatta ad arrivare fino alla fine dei suoi giorni. D’ltronde dieci anni per un passaporto e per una persona come me sono davvero troppi.
Ode al mio passaporto che per otto anni è stato il mio miglior compagno di viaggio. Ha allegramente accompagnato tutti i miei passi in giro per il mondo, dai caldi giorni Africani alle notti fredde della Patagonia.
Ode al mio passaporto che, anno dopo anno, è divenuto una così parte integrante di chi sono che ad un certo punto ho smesso di andare in giro con la mia carta d’identità e sono passata a lui come unica prova di chi sono. Perché lui, più che la mia identità, è stato in realtà capace di mostrare chi sono davvero, al mondo.
Sulle sue vecchie pagine c’è scritta la mia storia degli ultimi otto anni. Prove e ricordi di giorni di incredibile bellezza in giro per il mondo.
Fu battezzato in Australia, al mio arrivo a Brisbane in una calda giornata del 2006 quando mi ero trasferita laggiù per seguire il mio cuore innamorato. L’amore non durò ma il mio cuore fu rapito per sempre da quella malattia di viaggiare che prese possesso della mia anima.
Cosi, come cicatrici di un amante ferito, quei timbri hanno iniziato ad apparire sempre più spesso sulle sue pagine, come tatuaggi sulla pelle a segnarmi per sempre.
Ode al mio passaporto che ha la prova che sono davvero riuscita ad arrivare alla fine del mondo. C’era una tempesta di neve la sera in cui ero giunta ad Ushuaia, dopo 15 ore di autobus su alcune delle peggiori strade del Sud America, o forse semplicemente sul peggior autobus del pianeta. Quando le colonne che mostrano il leggendario avamposto alla fine del mondo erano apparse ai miei occhi all‘entrata in città, non riuscivo a credere che ce l‘avevo fatta, nonostante tutto e nonostante tutti quelli che mi avevano invece suggerito di prendere un aereo, scommettendo sulla mia ritirata.
Ode al mio passaporto che come da tradizione se si è stati in Marocco, ha il timbro marocchino all’ultima pagina. E ode al mio passaporto che in realtà ha anche un visto sulla pagina che è invece riservata ai contatti in caso di emergenza.
Ode al mio passaporto che è riuscito ad attraversare tutta l’Africa fino alla fine con pochissimo spazio a disposizione negli ultimi paesi. Verso la fine del viaggio era strapieno e avevo dovuto rischiare grosso spostando visti lì dove non potevo in realtà metterli. Per fortuna nessuno li ha notati e alla fine ero arrivata sansa e salva a Città del Capo.
Ode al mio passaporto che è sempre riuscito a farmi entrare ed uscire da tutti i paesi visitati, nonostante il mio look medio orientale e nonostante timbri e visti di posti come Nigeria, Guinea, Congo.
Sono stata fermata e controllata in moltissimi aeroporti in giro per il mondo per questo, ma alla fine, siccome quel passaporto è la mia unica prova d’identità, mi hanno tutti dovuto credere.
Ode al mio passaporto perché ogni volta che mi fermano negli aeroporti e mi chiedono cosa stia facendo in quel paese, posso semplicemente dirgli la verità, e cioè che sono una viaggiatrice, e quella ne è la prova.
Ode al mio passaporto anche perché ogni volta che mi fermano nei suddetti aeroporti devo sempre cercare di trattenere una grossa risata quando cercano di scannerizzarlo sotto la macchinetta che legge il microchip. Non rivelo mai che quel passaporto è troppo vecchio per avere un chip. La considero una prova di intelligenza per chi mi sta di fronte. E , vi dico la verità, quasi mai viene superata con successo.
Ode al mio passaporto perché assieme al mio zaino e alla mia macchina fotografica è davvero il compagno più fedele che abbia mai avuto negli ultimi otto anni per la strada. É un simbolo di gioia e scoperta. Se c‘è qualcosa che incarna davvero il mio spirito libero questo è lui.
Oggi comincia la mia nuova avventura.
Un nuovo compagno di viaggio mi sta aspettando pronto anch‘esso per essere riempito di giorni di avventura e meraviglia, felicità, chilometri di libertà, possibilità. É letteralmente il mio passaporto per tutti coloro che incontrerò in futuro, per nuovi amici, per posto nuovi che chiamerò “casa” nei prossimi anni, per rinnovati giorni di vagabondaggio in giro per il mondo. É il mio passaporto per riavere indietro la mia vita sulla strada, a cui appartengo. Ho già una lista infinita di posti che voglio visitare con il mio nuovo passaporto, nuovi timbri da aggiungere su quelle 48 pagine vuote, e anche se magari non riuscirò a vederli tutti, questo libretto nuovo e vuoto ha a che fare con le possibilità che mi offre, il sogno che ridiventa realtà di poter finalmente muovermi di nuovo.
Ovviamente sono triste nel dover abbandonare il mio vecchio passaporto, lo conserverò per sempre come un gioiello, come si custodiscono le pietre più preziose, ma il nuovo è una rinnovata promessa di nuovi giorni a venire, di scoperta, avventura, amicizia, risate, di nuovi paesaggi ed orizzonti, di strade da percorreere e piani da fare, di movimento, di speranza, di gioia.
Eh si, sono di nuovo felice!